La tecnica della vaccinazione degli umani risale al 1796 e una settantina di anni più tardi nacque la prima associazione che propugnava l’antivaccinismo. Agli inizi, l’avversione nasceva soprattutto da una componente ideologica, ossia il timore per la derivazione animale del farmaco, ma successivamente si sono fatte strada altre motivazioni, che persistono anche oggi, come ad esempio il fatto che le vaccinazioni siano dannose per la salute o che le reazioni avverse vengano colpevolmente taciute per favorire l’arricchimento delle aziende produttrici di vaccini. Ci sono poi le motivazioni religiose, la convinzione che alcune delle malattie che vengono contrastate con la vaccinazione siamo in realtà scomparse e, affatto rara, la mancanza di consapevolezza circa la pericolosità (anche mortale) delle malattie oggetto di prevenzione.
Per gli oppositori delle vaccinazioni somministrate agli animali, le motivazioni sono quasi identiche: la maggior parte dei vaccini sarebbero inutili e in molti casi non offrirebbero la protezione presunta ma, addirittura, provocherebbero un indebolimento del sistema immunitario provocando malattie croniche. La malattia e la presunta immunizzazione non giustificherebbero l’esposizione del cane o del gatto a effetti collaterali e conseguenze che sarebbero taciute dalle case produttrici dei vaccini.
Una cosa, comunque, sembra ormai acquisita – o almeno in fase di rapida acquisizione-: per i 4 vaccini più importanti, l’immunità è molto più lunga di un anno e del tutto inutili -se non addirittura dannosi- sarebbero i richiami ogni 12 mesi. Ad esempio, per il cimurro l’immunità sembra vada da 5 a 10 anni, per l’adenovirus da 7 a 9 anni, per la rabbia da 3 a 7 anni e per il parvovirus a 7 anni. Un aiuto per verificare la necessità della vaccinazione può venire da specifici esami di laboratorio, ossia da test sierologici che misurano la risposta immunitaria dell’animale a determinati virus: in base ai risultati si potrebbe decidere, insieme al veterinario, se effettuare o meno la vaccinazione.
Ma gli italiani vaccinano il proprio animale da compagnia? Una ricerca realizzata qualche anno fa da Gfk Eurisko per Msd Animal Health ha dimostrato che gli italiani si preoccupano della salute del proprio compagno non-umano più a parole che nei fatti! Nonostante l’80% di chi possiede un animale ritenga importante che sia curato e in buona salute, all’atto pratico solo il 46% dichiara di “farli vaccinare regolarmente”, il 42% li porta dal veterinario soltanto se ammalati, e appena il 12% fa fare esami del sangue e visite di controllo anche se sono in salute.
Per gli esperti è un problema legato alla scarsa percezione dell’importanza di un animale in salute in relazione anche al benessere e alla sicurezza dell’uomo e dell’ambiente in cui si vive. Pare che solo l’11% faccia riferimento alla necessità di proteggere il proprio pet per evitare possibili contagi o trasmissioni di malattie e che solo il 17% metta in relazione questo aspetto con la salute di tutta la famiglia. E dunque in termini di prevenzione come si comportano gli italiani?
Solo il 56% fa le vaccinazioni consigliate; il 43% adotta la profilassi contro parassiti come zecche o pulci e il 29% contro la filaria, la leishmaniosi: per tutti gli altri vaccinazioni e profilassi sono occasionali e per un 17% sono addirittura pratiche sconosciute.
Quanto ai bellunesi, ovviamente non ci sono indagini disponibili, ma la sensazione che abbiamo maturato dall’osservatorio “privilegiato” del canile-rifugio è che l’atteggiamento dei bellunesi verso la prevenzione vaccinale degli animali da compagnia sia in linea con i dati nazionali, ma con una leggera tendenza al ribasso, soprattutto (ma non solo) nelle aree rurali e più periferiche: le cause risiedono sicuramente nella lentezza con cui la popolazione matura convinzioni etiche rispetto al diritto degli animali alla vita e al benessere, ma un po’ di responsabilità ce l’hanno anche tantissimi sindaci e consigli comunali che in tema di sensibilizzazione alla tutela e salvaguardia degli animali da compagnia, così come di quelli selvatici o da reddito preferiscono girare la testa dall’altra parte!