Scelta davvero libera quella di un cane dal web?

Scelta davvero libera quella di un cane dal web?

Eric J. Johnson, direttore del Center for Decision Sciences della Columbia University ha pubblicato un bel volume su “Gli elementi della scelta”. In sostanza, scrive Johnson su lithub.com: “è un’illusione che soltanto noi determiniamo ciò che scegliamo. Entrate in un ristorante e ordinate un panino. Il vostro coniuge vi chiede che film volete vedere. Il tuo medico ti chiede se vuoi provare un nuovo farmaco per controllare il colesterolo. Cerchi un volo per tornare a casa per le vacanze (…) Voi scegliete qualcosa, ma il ristorante, il vostro coniuge, il medico e il sito web della compagnia hanno tutti preso decisioni su come presentarvi quelle scelte. Le loro decisioni di design influenzano, intenzionalmente o no, ciò che scegliete.”

E’ quindi chiaro che “il nostro processo decisionale è condizionato dal percorso che seguiamo per effettuare la scelta. Il menù, il catalogo dei film disponibili su una piattaforma o le destinazioni sul sito della compagnia aerea sono tutti “tracciati” progettati per circoscrivere e indirizzare le nostre scelte (…) e facciamo scelte diverse se il nostro medico dice che gli effetti collaterali gravi si verificano nell’1% dei casi, invece di dire che non ci sono effetti collaterali nel 99% dei casi”.

“Tutti questi dettagli fanno parte di qualcosa chiamato architettura della scelta, i molti aspetti di come viene posta una scelta che possono essere manipolati, intenzionalmente o inavvertitamente, per influenzare le decisioni che prendiamo. Le opzioni possono essere le stesse, ma la presentazione può cambiare la vostra scelta”, chiarisce lo studioso americano.

Per Johnson il design delle scelte è quindi una questione pratica, ricca di implicazioni etiche, tant’è che ogni costruttore di queste architetture dovrebbe progettare tenendo a mente le conseguenze a lungo termine di una scelta.

Proviamo ad applicare queste teorie alla scelta di un cane sul web o sui social: quanto si è condizionati dal linguaggio della sofferenza, dal richiamo al dovere dell’aiuto come segno di amore e responsabilità? E quanto è eticamente corretta l’architettura dell’offerta di cani costruita per lo più sul dolore, sulla sofferenza, sul sangue, sull’ineluttabilità di un destino crudele apparentemente non modificabile? E quanto poco conta, in quest’architettura dell’offerta di cani, la preoccupazione per le conseguenze di un’adozione di un animale di cui si nasconde la malattia o il passato o l’indole o il disagio comportamentale?

Anche Apaca fa sicuramente del “design delle scelte” con la sua bacheca di cani adottabili, ma il limite dell’eticamente corretto non viene mai superato, nè rispetto ai diritti e alla dignità del cane, nè nei confronti di chi potrà (liberamente) scegliere di adottarlo.