Un elisir di lunga vita per i cani
Nel secolo scorso, la scrittrice americana Agnes Sligh Turnbull aveva ben espresso il rammarico di tanti umani sul fatto che “la vita dei cani è troppo breve”. Poi le scienze veterinarie ed etologiche hanno registrato uno sviluppo eccezionale e le cose sono migliorate, ma la bassa longevità è rimasta per i cani ancora “la loro unica, vera colpa”.
Ma l’elisir di lunga vita potrebbe avere un nome: Igf-1, ossia l’ormone che un’equipe di una società biotecnologica statunitense sta studiando e sperimentando per stabilire la correlazione tra i suoi livelli in circolazione e la longevità dei cani. L’obiettivo (ovviamente con valenza economica) è di prolungare la vita soprattutto ai cani di taglia grande e gigante, che hanno aspettative di vita intorno agli 8 anni, ma anche di aumentare quella dei cani di taglia media che mediamente vivono più o meno 15 anni. Per i piccoli, invece, ci pensa già la loro genetica, che fa sì che l’ormone Igf-1 sia presente a livelli bassi, col risultato di far loro raggiungere e superare anche i 20 anni di vita.
La ricerca punta, dunque, a creare un farmaco in grado di ridurre i livelli di Igf-1 sia nei cani di taglia grande, sia in quelli anziani e la società statunitense prevede l’arrivo del farmaco sul mercato nel 2025.
L’Igf-1 (o somatomedina) è un potente fattore di crescita cellulare e fa parte di quel gruppo di ormoni (peptidi) che sono al centro di studi e dibattiti per il loro effetto, non ancora del tutto chiarito, sulla vita dei mammiferi: per l’uomo se ne parla con riferimento a molte malattie degli organi e a quelle neurodegenerative (come la SLA ad esempio), ma anche semplicemente per schierarsi a favore o contro il consumo di latte e latticini, alimenti in cui il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) è tra gli ormoni presenti in grado di sostenere l’invecchiamento ovvero di provocare il cancro.
Dunque, anche nel caso della ricerca sull’aumento della longevità dei cani, è probabile che tra i problemi principali non ci sarà solo il prezzo di questo farmaco – fattore che sembra essere l’ostacolo principale nell’uso terapeutico in ambito umano – ma anche questioni di tipo etico e culturale che andranno affrontate e risolte, come, ad esempio, quella relativa ai costi/benefici della vita prolungata per il cane e non soltanto per l’umano di turno.
Al momento, quindi, l’unica cosa a cui davvero pensare e su cui davvero riflettere è di impegnarsi col proprio cane (o gatto, o furetto o coniglio) a migliorare la qualità dell’ esistenza a lui garantita da una genetica che potrebbe però essere compromessa dal contesto in cui vive (alimenti, cure, benessere fisico e mentale): un impegno che va assolto non solo quando è giovane, forte e bello, ma per tutto il tempo della sua presenza nella nostra vita, ossia finchè…morte non ci separi.