Lunedi scorso è arrivata una meticcia di 11 mesi, lasciata in canile da una famiglia che l’ha avuta attraverso uno dei canali utilizzati per far arrivare cani dal Sud. Una storia durata pochi mesi: davanti alle difficoltà tipiche di una convivenza con un cucciolo, la scelta è stata chiedere ad Apaca di occuparsene!
Ma la colpa di questo abbandono è davvero solo della famiglia bellunese o qualche responsabilità hanno anche coloro che hanno fatto arrivare dal Sud Italia un cucciolo destinato a persone, magari motivate dalle migliori intenzioni, ma inadatte, inesperte o semplicemente incapaci di gestire con determinazione e disponibilità la presenza di un animale nella propria casa?
Una domanda che, finora, in Associazione ci si è dovuti porre davvero pochissime volte: i volontari di più lunga militanza ricordano solo un paio di casi, di cui uno legato all’arrivo dalla Puglia di una meticcia con cucciolata al seguito che, alcuni anni fa, è stata accolta in rifugio su segnalazione di una socia di APACA, meticcia che, dopo qualche settimana, ha manifestato i sintomi della Giardia Lamblia, costringendo il rifugio a seguire, per mesi, un protocollo sanitario che scongiurasse l’epidemia.
Nell’estate scorsa sono stati ricoverati in rifugio due cuccioli provenienti dalla Sicilia, sottratti all’uccisione da un’associazione animalista bellunese che ha chiesto la collaborazione di APACA: i cuccioli sono arrivati in condizioni pietose e sistemati nel box per la quarantena. Curati e soprattutto alimentati con regolarità, i cuccioli sono ora due bellissimi “adolescenti”, purtroppo avvicinabili con difficoltà e che non sarà semplice recuperare per l’adozione.
Le esperienze dirette di APACA con cani provenienti dal Sud finiscono qui, ma da qualche mese si registra un aumento delle persone che chiedono aiuto o consigli per affrontare la convivenza con cuccioli la cui provenienza è quasi sempre una regione del mezzogiorno.
Purtroppo, anche nel bellunese sta accadendo quello che altre aree del Nord hanno già sperimentato qualche anno fa: la ricerca sul web di un cucciolo o il desiderio di aiutare cani e gatti che la rete ritrae con foto e video drammatici non sempre sfocia nell’incontro con persone oneste, motivate dalla volontà esclusiva di aiutare animali segregati in canili lager o destinati al peggior randagismo. E’ così che una donna di un comune della Valbelluna ha pagato viaggio aereo e spese per far arrivare dalla Sicilia un cane che non ha mai visto! E peggio è capitato a una famiglia del capoluogo che ha accolto un cucciolo, morto dopo una settimana per una malattia che si previene con la vaccinazione. Tra i casi sicuramente meno gravi c’è, poi, quello del bellunese che aveva scelto in rete un cane di piccola taglia, che una volta cresciuto sfiorava, però, le dimensioni di un pastore tedesco!
Da tempo si conoscono le dinamiche criminali che muovono le “staffette” di cani dal Sud al Nord, dinamiche che ruotano intorno ai soldi sporchi del traffico di animali, alla cattiva amministrazione pubblica, ai canili lager di cui purtroppo è costellato quasi tutto il Sud Italia e ai trasportatori che ricavano migliaia di euro dai viaggi a tappe fra le città del centro-nord con camion e furgoni dentro i quali sono ammassate decine e decine di cani in gabbie fatiscenti e putride, condizioni del tutto analoghe a quelle del traffico di animali domestici dall’Est europa.
Ma ci sono anche volontari e attivisti che svolgono un lavoro serio, onesto e fondamentale per la salvezza dei cani del Sud e che prendono tutte le precauzioni non solo per evitare la diffusione nei nostri territori di pericolosissime malattie, ma anche che le adozioni finiscano male!
Domani pubblicheremo un’intervista a una di queste persone: capiremo meglio perchè si organizzano i “viaggi della speranza” dal Sud al Nord e quali sono gli accorgimenti per non renderci complici di maltrattamenti e traffici illeciti che portano spesso alla morte degli animali.