La scheda di Yuri recitava così : “…sono uno dei più grossi, imponenti, maestosi e vistosi cani ospitati in rifugio, ma questo quasi primato non mi consola neanche un po’. Non fa diminuire di un pelo il mio malessere e la mia tristezza per il fatto di essere rinchiuso qui e ci tengo a farlo sapere chiaro e tondo. Ho voglia, ho bisogno di avere una relazione affettiva come si deve con qualcuno…saprei dare tanto, tanto affetto, e protezione a chi volesse adottarmi!”
Yuri era davvero così. Da qualche mese in rifugio, Yuri era uno di quei cani che non accetta di vivere in rifugio ed è alla ricerca perenne di contatto fisico con i volontari, che richiama con continui latrati e mugolii. Era un cane di taglia grande, di quelli che difficilmente qualcuno adotta e Yuri sembrava saperlo: sembrava quasi evitare di perdere tempo a farsi notare dai visitatori e si concentrava sui volontari o sui cani del recinto vicino, che non sopportava veder correre. Un cane che nei canili si trova piuttosto spesso, perchè chi li abbandona non ne sopporta l’irruenza e il continuo bisogno di attenzione: è così che un cane che con qualche seduta educativa, molto probabilmente, avrebbe risolto i propri difetti comportamentali diventa un candidato all’ergastolo, dietro le sbarre di un rifugio!
In Apaca, Yuri aveva le attenzioni soprattutto di un paio di volontari, con cui usciva spesso in passeggiata e tutti non gli negavano una carezza, accettando di buon grado strusci e bave.
E’ morto domenica pomeriggio e il referto del Dipartimento di Biomedicina dell’Università di Padova parla di “shock ipovolemico a seguito della rottura dell’arteria aorta a circa 4 cm dall’emergenza della stessa dalla base cardiaca.” In sostanza, un aneurisma “riconducibile ad un problema della parete vascolare imputabile molto probabilmente a un danno congenito”: una morte senza preavvisi, ma anche senza dolore, tant’è che Yuri è stato ritrovato – davanti al cancello del box dove sempre si metteva per osservare la vita del rifugio – disteso a pancia in giù con la testa appoggiata alle zampe anteriori, nella stessa posizione in cui i volontari lo avevano lasciato tre ore prima.