Cosa vuol dire “fare il volontario animalista” in APACA? Parte seconda.

Cosa vuol dire “fare il volontario animalista” in APACA? Parte seconda.

Il rifugio è una realtà delicata dove le singole persone sono importanti, ma non diventano mai attori principali o prime donne: devono, infatti, sapersi mettere in secondo piano rispetto agli animali e rispettare quella gerarchia delle competenze e delle responsabilità che permette di garantire la salute dei cani e l’integrità delle persone.

Corso volontari giugno 2015E’ fondamentale assumere un atteggiamento di massima concentrazione nell’interagire con i cani e di costante sorveglianza del loro stato di benessere. Ciò significa: gesti misurati, toni calmi e bassi di voce, posture adeguate alla comunicazione del cane, sguardi che non lo sfidano e che, invece, osservano il mantello, le orecchie, gli occhi, l’andatura, la bocca e i luoghi del suo ricovero.

Bisogna anche saper restare nei limiti di ciò che si può e si sa fare, perchè un errore o una sopravvalutazione di sé stessi o del cane può portare a conseguenze non desiderate, a volte gravi per la persona, ma soprattutto per il cane. E’, perciò, importante che i volontari si accettino tra loro come persone con saperi differenti e sensibilità diverse: e come nessun volontario sopporta che qualcuno gli chieda “perchè non si occupa dei bambini o degli anziani invece che di cani”, così nessun “volontario animalista” dovrebbe mai sentenziare: ”Vedi? Quella sta coi cani perchè non sa stare con le persone!”.

Non è obbligatorio essere vegetariani, ma sicuramente non si può essere cacciatori, nè si può stare in rifugio se si appartiene a quella parte di umanità che discrimina le persone o i gruppi di persone in base al genere, all’origine etnica, al credo (opinioni, fede, religione), all’orientamento sessuale, all’età o alla disabilità fisica o psichica: lo vieta la coscienza, ma soprattutto la legge italiana.

Come obiettivo personale, il volontario “animalista” dovrebbe proporsi la costruzione di una cultura cinofila quanto più ampia possibile: sarà, infatti, solo questo sapere che gli permetterà di acquisire una mentalità corretta, fatta di educazione al contatto con gli animali, ma anche di aiuto, rispetto e cura di qualunque essere che soffre.

La presidente di “Progetto Quasi” – un’associazione di Frosinone che gestisce una “casa famiglia” dove ospita cani anziani e disabili – dà, poi, un suggerimento che noi condividiamo appieno: “sorridiamo e mostriamo che a fare qualcosa che non sia occuparsi solo di se stessi ci fa essere persone più felici. Sbandieriamo i successi e raccontiamoli mettendo il cuore in quello che diciamo. Cerchiamo di essere felici della goccia di bene che portiamo al mondo, consapevoli che togliere una secchiata dall’oceano di sofferenza che ci circonda significa, comunque, aver cambiato qualcosa.”

Ecco: in APACA vogliamo gente di questo tipo!