Chi di noi vive un quotidiano o comunque abituale rapporto con uno o più animali non si fa molte domande sul “come” e sul “perchè” questo rapporto debba essere di qualità: tutto sembra svolgersi in maniera “naturale” e spontanea, senza bisogno di porci particolari interrogativi “etici” o “morali” o dubbi sulla necessità del rispetto che nasce dalla consapevolezza quantomeno di una reciproca convenienza. Ovviamente, stiamo parlando di persone che fanno del rispetto il valore di riferimento e non di chi, al contrario, costruisce rapporti sull’affermazione della propria ingiustificata “superiorità” antropocentrica: in termini di evoluzione della specie umana, quello che conta è solo il primo gruppo, mentre il secondo è depositario di una zavorra culturale di cui la specie umana è chiamata a “liberarsi”.
Ma se siamo arrivati a questo punto nell’evoluzione del millenario rapporto con cani e gatti, mucche e galline è perchè c’è stata, nel tempo, una riflessione profonda sul rapporto degli umani con altri esseri non-umani, riflessione che ha avuto, poi, ripercussioni importanti e significative sui comportamenti dei singoli e delle collettività.
Gli Stati Uniti sono uno dei luoghi in cui si sono formate e sviluppate alcune delle “linee di pensiero” che si sono poi tradotte in nuova sensibilità collettiva e in nuovi quadri normativi. Oltre che al filosofo australiano Peter Singer, è, infatti, allo statunitense Tom Regan che, negli anni Ottanta del secolo scorso, si deve l’apertura del dibattito contemporaneo sugli animali non-umani: nell’arco di pochi decenni, le sue innovative visioni hanno scardinato la “vecchia etica” ed introdotto un concetto del tutto nuovo di egualitarismo, in base al quale è diventato naturale affermare l’esistenza di “diritti” per gli animali, mentre è contemporaneamente negata legittimità (anche morale) ad ogni pratica che implica l’utilizzo degli animali come mezzi per raggiungere un qualsiasi fine anche se “utile all’uomo” (allevamenti, caccia, esperimenti).
Insomma, senza un “pensiero filosofico” che è stato in grado di produrre un movimento civile (ergo sociale) e politico (ergo giuridico) così significativo, anche i nostri attuali comportamenti con i cani e i gatti non sarebbero così “rispettosi” ed “egualitari” come, invece, ci viene suggerito dai valori accolti nella nuova coscienza morale prodotta dalla bioetica e dall’ecologia.
Ora, dagli Stati Uniti arriva un altro scossone al “pensiero animalista”, uno scossone che – non sappiamo ancora in quale modo e in quale misura – influenzerà certamente la nostra sensibilità futura, che sarà ancora una volta il frutto di riflessioni che oggi – come allora – a molti di noi possono sembrare “eccessive” e “provocatorie”: lo sono, ad esempio, quelle degli abolizionisti, per i quali “mucche, maiali, galline, tacchini, capre, e secondo i più severi anche i tanto amati cani, gatti e criceti, sono creature di cui gli esseri umani dovrebbero favorire l’estinzione”. Ma gli abolizionisti sono solo uno dei tanti gruppi che animano e dividono il movimento animalista internazionale: cè chi, ad esempio, sostiene il diritto degli animali alla cittadinanza sulla base del fatto che “i cittadini che non comunicano” siano una categoria abbastanza ampia da poter includere sia i disabili mentali sia gli animali domestici.
Da qui la domanda:“Bisogna ripensare in modo radicale il rapporto tra animali ed esseri umani?” che si è fatto un settimanale di grande serietà come “Internazionale”, che all’argomento ha dedicato – in un numero di tre anni fa che ci sentiamo di riproporre – una decina di pagine centrali, raccolte da APACA in un PDF destinato a chi è interessato a capire, ad esempio, se “l’addomesticamento è una forma di schiavitù? Se gli esseri umani hanno il diritto di decidere se un animale è felice? E, da ultimo, se una convivenza basata sulla libertà e il rispetto reciproco è possibile?”
Ma perchè farsi tante domande? Perchè poche cose nella vita sono banali e anche la gestione di un canile o la cura di un animale hanno bisogno di un “pensiero coerente” per essere fatte bene e consapevolmente! E allora…buona lettura.