Si chiamava Emma e non ha mai avuto un futuro. Nata approssimativamente nel 2006 è morta ieri per l’aggravarsi di uno stato di salute fattosi precario negli ultimi anni.
Incrocio di pastore maremmano, Emma è arrivata in rifugio dieci anni fa, catturata randagia dall’unità operativa del canile sanitario dell’Ulss n.1 nei boschi tra San Gregorio e Santa Giustina, dove vagava da un anno e mezzo con due cuccioli, di cui uno poi deceduto.
Maestosa e imponente, sicuramente bella e dolcissima, Emma non ha mai avuto una vera opportunità. I ripetuti tentativi di rimuovere il timore assoluto che l’attanagliava quando una persona si avvicinava a lei hanno portato a renderla avvicinabile solo dai volontari, da alcuni dei quali – ma soltanto negli ultimi anni – si faceva anche spazzolare, accarezzare e condurre in corte e sofferte passeggiate. Una condizione comunque impensabile solo qualche anno prima: nel 2011, ad esempio, il veterinario che seguiva il rifugio attestava: “è selvatica e difficile da trattare tanto da non poterla vaccinare senza sedazione o contenimento forzato, che porterebbero, però, un peggioranento del quadro clinico comportamentale”. Impossibile, quindi, ipotizzare un’adozione: o almeno un’adozione “normale”, quella da cui il cane ricava almeno serenità e l’adottante una relazione ancorchè ridotta ai minimi termini.
Emma mostrava sicurezza e relativo benessere soltanto quando era nel suo grande box con il cancello aperto, dal quale poteva uscire quando lo decideva lei per vagare nelle aree attigue e nel prato dedicato allo sgambamento, magari insieme ad altri cani: ma in quel box rientrava velocemente al primo rumore inusuale o alla vista di persone estranee.
Nessuno riuscirà mai a dimenticarla.