Anche il cane può soffrire di DDAI

Anche il cane può soffrire di DDAI

Provoca iperattività, impulsività e disattenzione

La situazione più nota è che il cane – a condizione che sia debitamente preparato e professionalmente affiancato da un umano che sappia salvaguardarne il benessere – può aiutare bambini e adolescenti affetti da Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (DDAI), di cui si stima soffrano il 2-7% degli esseri umani. Molto meno noto è che anche il cane può soffrire dello stesso disturbo dello sviluppo neurologico, il quale, proprio come negli individui umani, è in grado di compromettere la qualità della vita del cane (alcuni studi suggeriscono che ne soffra il 12-15% degli esseri canini).

“La sindrome da ipersensibilità/iperattività – scrive Carlo Perissinotto esperto nella cura di disturbi cognitivi e dell’apprendimento sul sito dislessia.tv – si presenta sin dalle prime 6 o 7 settimane di vita del cucciolo, con sintomi quali: irrequietezza costante, incapacità di riposare anche in ambienti silenziosi, desiderio costante di mordicchiare ogni cosa, eccitazione eccessiva in attività di routine” e ancora “voracità nel mangiare e voglia ricorrente di cibo, desiderio costante di stare al centro dell’attenzione e di giocare in qualunque momento, forte agitazione nei luoghi nuovi.”

Uno studio dell’Università di Helsinki, pubblicato su Nature Translational Psychiatry del 1° ottobre 2021, ha confermato che i fattori (demografici, ambientali e comportamentali) che influenzano l’insorgere dell’iperattività / impulsività e della disattenzione sono gli stessi sia per gli umani che per i cani, con in più, per questi, solo il “fattore razza”. Lo studio ha registrato, quindi, che alti livelli di iperattività / impulsività e di attenzione sono più comuni nei cani giovani (rispetto ai cani anziani), maschi (rispetto alle femmine) e che trascorrono più tempo da soli a casa (rispetto a quelli che non subiscono isolamento sociale per un tempo eccessivamente prolungato). Come detto, nei cani anche la genetica (ossia le diverse razze) influenza l’insorgenza del disturbo, che spesso si manifesta insieme ad altri comportamenti disturbanti: il DDAI presenta infatti “forti comorbilità con i comportamenti compulsivi, l’aggressività e la paura”.

Nei bambini con DDAI sembra dimostrato che l’esercizio fisico allevii, almeno in parte, l’iperattività, l’impulsività e la disattenzione: nei cani, invece, è una certezza che l’attività motoria e l’arricchimento esperienziale permetta loro di rilasciare “energia e frustrazione in modo controllato”, diminuendo conseguentemente i disturbi di iperattività/impulsività e di disattenzione.

Più recentemente (2022), un gruppo di studio dell’Università di Compostela ha aggiunto un nuovo elemento di conoscenza: nei cani con segni di DDAI si riscontrano concentrazioni più basse di serotonina sierica e di dopamina. In sostanza, lo studio ha confermato nei cani ciò che già si sa per gli uomini, ossia che lo squilibrio di questi due neurotrasmettitori – che rispettivamente influenzano, da un lato l’umore,  le emozioni, il sonno e l’appetito e dall’altro, il piacere, l’apprendimento, la concentrazione e il controllo motorio – è associato da tempo al Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività ed ha di fatto aperto la strada a una nuova e diversa comprensione di un disturbo che rari professionisti del settore cinofilo prendono in considerazione nella “lettura” del cane.