Per le politiche relative agli animali d’affezione e, in generale, per la migliore convivenza in città con animali padronali e selvatici, nel 2015 sono stati spesi più di 245 milioni di euro: 144 milioni li hanno spesi le amministrazioni comunali e 101 le aziende sanitarie locali.
Tanto, anzi sicuramente troppo rispetto ai risultati raggiunti – sottolinea Legambiente nel suo VI rapporto ‘Animali in città’ uscito in questi giorni: innanzitutto perchè solo il 12% dei comuni e il 43% delle aziende sanitarie locali che hanno risposto al questionario hanno ottenuto la sufficienza, ma poi anche perché buona parte dei costi (l’80% per i Comuni) è assorbita dai canili rifugio, strutture indispensabili secondo il modello attuale, ma fallimentari rispetto al benessere animale e alla prevenzione del randagismo (strutture che non hanno niente a che vedere con attività come quelle di APACA, che si sostengono da sole e non ricevono danaro pubblico).
Negli uffici dei comuni italiani dedicati alla tutela degli animali sono impegnate complessivamente 705 persone (in media 0,6 unità a città), mentre nei canili sanitari e negli uffici di igiene urbana veterinaria delle USL operano 594 persone (media 7,4 unità per azienda). Teoricamente, dunque, più di un terzo dei comuni e la quasi totalità delle aziende sanitarie locali dovrebbe essere in grado di fornire risposte adeguate, ma -secondo Legambiente – non è così. Infatti, solo 3 città (0,3% del campione) – Terni, Peschiera Borromeo (Mi) e Formigine (Mo) – totalizzano i punti necessari a raggiungere una performance ottima, mentre 22 città (il 2% del campione) ottengono una performance buona e 132 città (l’11,9% del campione) una performance sufficiente. Quanto alle USL, sono 35 le aziende sanitarie che raggiungono una performance sufficiente (il 43,75% delle 80 che hanno risposto), 13 quelle con una performance buona (16,25% del campione) e una sola (Napoli 1 Centro) con una performance ottima.
E i comuni e le USL bellunesi?
A questa edizione dell’indagine hanno partecipato solo 6 comuni bellunesi (Danta, Lorenzago, Cencenighe, Taibon, Voltago e Agordo) e l’USL n.1. Nel giudizio di sintesi (performance complessiva) ottiene la sufficienza solo Danta, che raggiunge lo stesso punteggio (insieme ad Agordo) anche sulla performance relativa ai controlli. Pessima o comunque insufficiente per tutti, invece, la valutazione sul quadro delle regole, vale a dire sulla presenza di regolamenti o ordinanze che rafforzano la normativa in vigore. Solo due, invece, le sufficienze, invece, riguardo alla presenza di strutture e servizi offerti ai cittadini e se le aggiudicano Danta e Agordo.
Ci piacerebbe, comunque, sapere come mai quasi tutti i comuni intervistati abbiano potuto meritare giudizi positivi rispetto alle risorse economiche impegnate a favore degli animali: Cencenighe e Taibon raggiungono la sufficienza, ma Danta e Voltago ottengono un “buono” e Lorenzago raggiunge addirittura l’”ottimo”.
E l’Usl n.1? Purtroppo la nostra Usl non rientra neppure nel gruppo delle 35 aziende sanitarie che hanno raggiunto una performance sufficiente: infatti, secondo Legambiente, la performance complessiva dell’Azienda sanitaria bellunese è insufficiente, così come quella relativa ai controlli e ancora peggiore (“scarso”) è il giudizio sulle risorse economiche impegnate e sui risultati rispetto ad alcuni degli aspetti con maggior ricaduta su cittadini e pubblica amministrazione.