Cinque anni fa il Covid: un incubo anche per il rifugio

Cinque anni fa il Covid: un incubo anche per il rifugio

A febbraio 2020 l’ingresso nella pandemia: il ricordo di un evento vissuto da Apaca pensando ai cani

La malattia causata da un coronavirus e che aveva iniziato a diffondersi qualche mese prima da Wuhan ottiene la sua denominazione definitiva a febbraio 2020 : si chiamerà COVID-19 e farà piombare nell’incubo l’intero pianeta. L’Italia è tra i paesi più colpiti: ci sono ritardi imputabili all’assenza di un piano pandemico aggiornato e manca la percezione della gravità della situazione. C’è addirittura chi paragona questa malattia ad una banale influenza, ma le vittime crescono e i ricoveri pure. Compaiono le “zone rosse” e il 9 marzo tutto il Paese entra in lockdown, che si chiude il 18 maggio, mentre distanziamento fisico (1 metro) e mascherine accompagnano gli italiani anche durante l’estate.

Cominciano a comparire anche i negazionisti, mentre qualche politico e perfino alcuni scienziati dichiarano la fine della circolazione del virus: l’effetto è un’estate che riaccende focolai in varie parti d’Italia con discoteche che riaprono, “movida” che riprende e feste di adolescenti e giovani in parchi e piazze, scuole che riaprono. Il 18 ottobre esplode in Italia la seconda ondata e ricompaiono le chiusure di teatri, cinema, negozi non essenziali, bar e ristoranti – che avevano ricevuto dei ristori per il lockdown di primavera – mentre lo smart working – inaugurato nella prima ondata – non cessa, viene riconfermato e per i lavoratori pubblici e per molti occupati del settore privato diventa il nuovo modo di lavorare. Il 9 novembre arriva la chiusura della sperimentazione sugli uomini del vaccino contro il coronavirus messo a punto dall’azienda farmaceutica americana Pfizer e della tedesca BioNTech. In Italia, alla fine di dicembre i contagiati arrivano a quota 2.107.166, mentre 74.159 sono le vittime imputate a Covid-19.

Dal 9 marzo 2020 anche APACA adegua la propria attività alle regole che, di volta in volta, il governo emana. Si comincia con la chiusura al pubblico dal 9 marzo al 18 maggio, sostituita, poi, nel resto dell’anno da un calendario di appuntamenti giornalieri, che si forma con chiamate a un numero dedicato. Viene anche limitato il numero dei volontari presenti contemporaneamente in rifugio: in questo modo si riduce la possibilità di contatto, ma soprattutto si rispetta il divieto di movimento stabilito a più riprese nel corso dell’anno. L’accudimento dei cani del rifugio rientra tra i motivi di “necessità” che consentirebbero gli spostamenti dei volontari anche al di fuori del proprio comune di residenza, ma il contingentamento delle presenze è una misura che APACA assume ugualmente per senso di responsabilità.

Tutti all’interno del rifugio si muovono rispettando il distanziamento fisico e usando guanti – soprattutto nel primo lockdown – e mascherina: il timore, però, che i cani ospiti reagiscano all’oscuramento del viso svanisce immediatamente perchè è l’olfatto il senso principale del cane e l’odore dei volontari è lo stesso di sempre. All’interno del rifugio i cani vivono la loro routine quotidiana che comprende anche i giochi nelle aree di sgambo: vengono, invece, bloccate le passeggiate soprattutto per non dare adito ad inutili polemiche con quella parte (minoritaria, ma straordinariamente attiva!) della cittadinanza che chiama le forze di polizia se nota qualcuno passeggiare (con o senza il proprio cane) oltre il centinaio di metri da casa stabilito come limite da uno dei decreti del presidente del consiglio dei ministri.

A fine primavera, APACA decide di ringraziare i trenta volontari – una decina, infatti, hanno legittimamente smesso di recarsi in rifugio – che hanno garantito accudimento e cure quotidiani ai cani ospiti. Lo fa pubblicando sulla stampa locale una pagina intera di foto che ritraggono cani e volontari insieme, accompagnate da una frase che racchiude la speranza di molti che la società esca dalla pandemia migliore di quando ne è entrata: ”se la pandemia migliorerà l’umanità, queste persone potranno smettere di fare volontariato” scrive APACA, con un chiaro riferimento alle condizioni di rispetto degli animali.

Diversamente da altri canili che hanno continuato a dare cani in affido, APACA blocca le adozioni durante il lockdown di primavera e anche durante la seconda ondata autunnale della pandemia: lo fa per evitare ogni speculazione da parte di aspiranti adottanti attratti dal possesso di un cane per poter uscire di casa, un fenomeno indegno di cui troppi allevatori e molte staffette dal Sud non hanno neppure preso in considerazione, accecati dal tornaconto.

Anche il 2021 è scandito dai decreti governativi – nei due anni di pandemia saranno in tutto 65 tra decreti-legge e Dpcm (in pratica uno ogni 11 giorni) – che affrontano un’emergenza sanitaria che si presenta attenuata nei numeri delle vittime e dei contagi solo grazie all’arrivo dei vaccini e alla campagna vaccinale che le Aziende sanitarie conducono con determinazione e impiego di ingenti risorse. Il bilancio di due anni di pandemia sta tutto in pochi numeri: 128 milioni di vaccini somministrati, 225 milioni di green pass scaricati, 171 milioni di tamponi effettuati, ma soprattutto 146mila morti e quasi 12 milioni di italiani contagiati. Per tutto il 2021, la vita associativa e del rifugio resta comunque caratterizzata da contingentamento delle presenze e dall’uso del distanziamento fisico e delle mascherine: i volontari che contraggono il virus sono comunque pochissimi, mentre, a fine anno (come richiesto da un decreto del governo), ai rari volontari non vaccinati – che l’opinione pubblica conosce ormai come “no-vax” – viene interdetto l’accesso alla struttura.

La fine della pandemia sarà ufficialmente dichiarata il 5 maggio 2023, ma l’auspicio di Apaca e di tante persone consapevoli e responsabili non si avvera. L’Italia e gran parte del mondo – che dovevano uscire migliori dall’incubo vissuto – in realtà si impegnano al massimo per amplificare i propri peggiori difetti, da sempre imputabili a una specie umana che non riesce proprio ad allontanarsi dalla stupidità, uno stato di natura che lo storico italiano Carlo Cipolla disse governata da ben 5 leggi, una delle quali ci ricorda che, purtroppo, “La persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista”.