Cani legati alla catena: è un contenimento considerato maltrattamento, e quindi un reato, in ogni paese del mondo? Green Impact, che si occupa di buone prassi in ambito ecologico ed economico, insieme a Save the dogs, associazione italiana dedita a contrastare il randagismo e a promuovere la salvaguardia degli animali, hanno presentato recentemente il primo rapporto rivolto a questa tematica, prendendo in considerazione Italia, Europa e Stati Uniti. “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena”, questo il titolo del report, mostra come la strada da percorrere sia ancora lunga affinché i cani non debbano più subire questa pratica, ritenuta in molti casi una vera e propria detenzione. Green Impact evidenzia le differenze oggettive che esistono tra cani trattati bene pur se legati e cani in evidente stato di maltrattamento, mettendo in chiaro però che si tratta in ogni caso di una condizione che non favorisce il benessere psicofisico degli animali. È ciò che affermano i professionisti che hanno collaborato alla stesura del documento, esperti nel campo dell’etologia, della medicina veterinaria e del diritto.
Il rapporto indica paesi e regioni privi di divieti espliciti oppure dotati di leggi vaghe o troppo generiche, insieme ai luoghi dove invece vigono regolamentazioni precise e corrette. In Italia diciassette regioni hanno introdotto una legge in materia di cani a catena – nel 2013 l’Emilia Romagna è stata la prima ad avvalersi di un regolamento in questo senso, seguita a ruota un anno dopo dal Veneto – mentre Liguria, Basilicata e Sicilia sono ancora sprovviste di decreti specifici. Esiste però una disparità normativa, rappresentata dalle diverse norme adottate nelle regioni italiane, la quale fa sì che per esempio nella provincia autonoma di Trento e in Sardegna, pur essendo proibita o disciplinata la contenzione a catena, non esistano sanzioni. Save the dogs sottolinea il fatto che purtroppo esistono troppe deroghe e zone d’ombra all’interno delle diverse norme regionali, con il risultato di non proteggere adeguatamente i diritti dei cani alla libertà dalla catena: da qui l’auspicio di una legge nazionale che regoli la materia in tutto il paese in modo chiaro e coerente o che perlomeno si attui una sistemazione generale delle leggi regionali vigenti, anche in armonia con la coscienza dei cittadini, sempre più sensibile verso questa tematica.
Esempi di comportamento virtuoso non mancano: in l’Austria, ad esempio, esistono multe elevate per chi trasgredisce, mentre in Svezia sono previste anche sanzioni penali. Fornendo questi e molti altri dati preziosi, il rapporto di Green Impact si offre come uno strumento utile in ambito legislativo e comunitario per conoscere la situazione dei cani a catena in Italia e all’estero, con la speranza di poter contribuire a creare una serie di normative positive e attente al rispetto dei diritti degli animali: “dopo la pubblicazione di questo rapporto non ci sono più scuse: è venuto momento di agire per chi amministra i nostri territori”.