Google riconosce dal muso cani e gatti: utile ma inquietante

Google riconosce dal muso cani e gatti: utile ma inquietante

Il riconoscimento del viso umano, da tempo, non è più una novità nel web: questa funzione è stata a lungo disponibile solo negli USA e in pochi altri paesi, mentre in Europa una normativa più stringente a tutela della privacy ne rallenta l’approdo, anche se – a onor del vero – è già dal 2015 che basta utilizzare un piccolo espediente e anche la app italiana di Google Foto (così dicono gli esperti) è in grado di raggruppare le foto sulla base dei volti.

A Friend in Need (un amico in difficoltà) dipinto nel 1903 da Cassius Marcellus Cooligde, principalmente conosciuto per nove dipinti di cani che giocano a poker…fumando

Adesso Google Foto ha fatto un altro balzo in avanti: sa, infatti, riconoscere anche il muso di cani e gatti ed è in grado di raggruppare le loro foto. A quanto sembra il sistema ha ancora qualche problema a distinguere più esemplari della stessa razza, ma è probabile che presto anche questo ostacolo verrà superato.

Ma il riconoscimento delle facce (e dei musi) non è una prerogativa di Google. Altri stanno andando in questa direzione: da maggio di quest’anno, ad esempio, è disponibile anche in Europa l’app Facebook Moments che facilita la gestione delle foto in cui si è taggati e il riconoscimento facciale è la funzionalità che sostituisce l’impronta nell’ultima versione dell’Iphone di Apple. E poi ci sono gli aeroporti, le dogane e le banche.

Tutto bene? Forse. Perchè in realtà restano poco chiare alcune questioni di fondo. Tra tutte, il fatto che “il riconoscimento facciale – secondo alcuni esperti di privacy della Georgetown Law University- traccia i nostri corpi. E diversamente dalle tecnologie di rilevamento delle impronte digitali o di analisi del Dna, esso è pensato per identificarci da lontano e in segreto.” Non solo, ma i sistemi di riconoscimento facciale sono progettati per dare risposte omogenee a un mondo fortemente eterogeneo: il rischio, dunque, potrebbe essere un vizio di base su cui potrebbero innestarsi fenomeni, anche gravi, di esclusione (essere scambiati per gorilla o venire ignorati per un colore troppo scuro della pelle). E i musi del cane e del gatto che c’entrano? Forse nulla, ma è probabile che, prima o poi, ci sarà un algoritmo che farà raccontare al muso del nostro cane o del nostro gatto qualcosa di noi…e non è detto che sarà qualcosa che vogliamo che si sappia!