Nel settembre del 1914 inizia l’assedio della colonia tedesca di Tsingtao, nello Shandong, che ci conluderà due mesi dopo. I giapponesi conteranno 236 morti e 1.282 feriti, gli inglesi rispettivamente 12 e 53, mentre le perdite austro-tedesche ammontarono a 199 caduti e 504 feriti.
Tsingtao è solo uno dei tanti luoghi remoti nel mondo che furono raggiunti dalla guerra. Campagne militari ebbero luogo in Africa, in Nuova Guinea, in Asia, sul Caucaso, in Medio Oriente e scontri navali si svolsero in quasi tutti i mari del mondo, dall’America Latina al pacifico, dal Canada alla Cina.
“La guerra è fìnita. Dopo tre lunghi inverni, tra le tomentate vette del Pian di Neve, si stende il velo silenzìoso della pace. Sulle terre più inaccessibili dell’acrocoro adamellino, sulle distese innevate dei ghiacciai, in ogni angolo piu remoto del monte, una indimenticabile pagina di storia è stata scritta, col sangue, da uomini che, senza odio, combatterono per la difesa della loro Patria.” (Walter Belotti, presidente del Museo della Guerra Bianca in Adamello che si trova a Temù).
Forse, le cose andarono diversamente per quegli uomini, ma sicuramente “il velo silenzioso della pace” non avvolse gli animali che sull’ “acrocoro adamellino” accompagnarono per “tre lunghi inverni” i soldati italiani: una storia iniziata grazie a un “curioso personaggio” dell’esercito italiano.
In una scheda dell’Area Storia e Memoria dell’Istituzione Bologna Musei, si afferma che la prima idea per utilizzare i cani nel trasporto sul fronte dolomitico “sia da attribuire al Maggiore cesenate Carlo Mazzoli (omisiss) noto come “il Garibaldi della Val Dogna”, curioso personaggio che portava i capelli lunghi e si permetteva comportamenti decisamente al di fuori delle rigide regole militari. Mazzoli si muoveva sempre circondato da un branco di cani, anche nei momenti del combattimento. Assegnato alla zona dell’Adamello, addestrò per i trasporti prima una speciale “squadra” di asini per il traino di slitte adibite al trasporto di viveri e munizioni quindi, alla luce degli scarsi risultati, i suoi cani.”
Tra il 1917 e il 1918 furono 250 i cani da slitta del raggruppamento dell’Adamello, impiegati soprattutto nei trasporti ad alta quota, cani che, alla fine dei loro sfiancanti tragitti trovavano ricovero in una baracca allestita a passo Garibaldi, fermo restando che “in caso di bisogno, per gli animali non c’erano cure” (G.Agazzi,”15-18: guerra bianca e sanità militare”).
Ed eccoci al tragico e intollerabile epilogo. Nel novembre del 1918 – quando i reparti italiani avanzarono verso il trentino all’inseguimento di un esercito austro-ungarico ormai al tracollo – i “cani dell’Adamello” vennero abbandonati dai soldati, che si allontanarono lasciandoli legati alla catena. Quasi tutti morirono e quelli che riuscirono a liberarsi dalle catene finirono col riunirsi in branco per cercare di procurarsi il cibo, avvicinandosi così anche alle case e alle greggi: vennero tutti uccisi dagli abitanti di Temù e dei paesi limitrofi. (Giovanni Todaro, k9uominiecani.com ma anche F. Quilici, Umili eroi, Mondadori).