Cuccioli e cani di piccola taglia finiscono spesso in braccio ai loro compagni umani. I motivi sono sempre gli stessi: “desiderio” di coccolarlo o “desiderio” di proteggerlo, che in entrambe le fattispecie concretizzano l’epimelesi, ossia il piacere di prendersi cura di un essere che sembra chiedere protezione o aiuto.
Ma questo “desiderio” dell’umano si rapporta correttamente all’etogramma del cane? Sembra proprio di no, anzitutto perché l’essere trasportato non fa parte dei comportamenti intraspecifici (se non nelle primissime settimane quando il cucciolo può essere sollevato con la bocca dalla madre) esattamente come l’abbraccio, che è un’azione tipicamente umana e non canina. Se, poi, può sembrare che sia il cane a chiedere di essere preso in braccio è molto probabile che si tratti di un’abitudine implementata dall’umano o, addirittura, di un comportamento che potrebbe nascondere un disagio del cane che andrebbe risolto e non assecondato.
Non solo, ma il “desiderio” di mettere in sicurezza il cucciolo o il cane – magari in un’area sgambo o all’approssimarsi di un cane libero – sollevandolo da terra e tenendolo in braccio può attivare la motivazione predatoria dei cani dai quali si pensava di sottrarlo: sollevare il cane verso l’alto equivale, infatti, alla fuga di quella che a tutti gli effetti sembrerà essere una preda.
E la passeggiata in braccio all’umano? Non ha alcun senso, dato che impedisce al cane di esplorare l’ambiente, acquisendo informazioni, memorizzando odori, individuando pericoli, riconoscendo e distinguendo le differenti tracce olfattive.
Ovviamente, del tutto differente è l’azione del cane che decide di sedersi in braccio quando si è seduti: in questo caso, il cane manifesta un desiderio di contatto che va assecondato (non respingendolo) e favorito (magari sedendosi a terra accanto a lui) e che, contemporaneamente, ci permette di concretizzare nel modo etologicamente corretto il nostro “desiderio” di averlo “in braccio”.