Il cane sa chiedere scusa

Il cane sa chiedere scusa

Un comportamento opportunista indotto dalla genetica, ma non solo.

Prima o poi a tutti è capitato di incrociare lo sguardo languido di un cane che dichiara la propria colpevolezza e “chiede scusa”, chinando leggermente la testa e abbassando le orecchie.

Il biologo Nathan Lents, in un capitolo del libro “Not So Different: Finding Human Nature in Animals” pubblicato qualche anno fa, sostiene che si tratta di un comportamento di tipo evoluzionistico, legato all’ “apology bow”, l’insieme di azioni (inchino a testa bassa che agevola l’evitamento del contatto visivo, coda tra le gambe, respirazione controllata) che i lupi pongono in essere in presenza di membri del branco più autorevoli quando sanno di aver fatto qualcosa di sbagliato.

Con questo insieme di azioni, lupo e cane cercano la stessa cosa: la reintegrazione armoniosa nel gruppo, perchè l’abbandono e l’isolamento sono situazioni particolarmente dolorose per questi esseri sociali. Del resto, “scusarsi” significa “giustificarsi”, “ammettere una mancanza” e quindi “sottomettersi” a chi aveva ragione. Nei primati (uomo compreso) la “sottomissione” viene molto attenuata (e talvolta sostituita) dalle azioni di “affiliazione”, come la stretta di mano o il bacio a due guance che permettono di ridurre la frustrazione e l’umiliazione delle “scuse”. Nel cane, invece, a prevalere sono le espressioni facciali e il linguaggio del corpo, molto più diretti e chiari.

Per chiedere scusa serve, però, comprendere il disappunto dell’interlocutore, altrimenti verrebbe meno la ragione stessa delle “scuse”. Nel branco di lupi, il linguaggio del corpo permette al “colpevole” di capire bene quanto gli altri membri non abbiano apprezzato la sua violazione delle regole di condotta. Ma il cane che si trova davanti a degli umani non ha questa opportunità e quindi è evidente che la lettura e l’interpretazione del loro disappunto non potrà che passare attraverso le straordinarie abilità cognitive che ha acquisito nel millenario percorso di addomesticamento e di vicinanza agli uomini. Il risultato sarà il medesimo: comprendere di aver commesso uno sbaglio (confrontando l’attività errata con la “normalità” richiesta), riconoscerlo (assumendo la responsabilità in capo a sé stessi) e chiedere di non essere per questo allontanato (come azione legittima e conseguente) ma, appunto, “perdonato”. Niente male per un cane!