Il caso di Daisy, segugia di nemmeno un anno – ritrovata in uno stato pietoso e consegnata da una donna al canile sanitario di Belluno che, il giorno seguente, si sarebbe limitato a riconsegnarla al presunto proprietario che, tra l’altro, non l’aveva neanche microchippata – ha spinto le associazioni protezionistiche bellunesi a chiedere un incontro urgente ai vertici dell’Ulss Dolomiti.
Con una lettera spedica sabato scorso, LAV, APACA, Associazione San Francesco, Oipa, Associazione Mici Dolomitici e Associazione Ciotole Piene Pance Felici chiedono al direttore generale dell’Ulss, Rasi Caldogno e al direttore sanitario Pittoni non solo di fare piena chiarezza sulla vicenda, ma anche di dare precise garanzie sulla gestione e sul futuro della veterinaria pubblica in provincia.
Sono, infatti, molto frequenti i casi di detenzione non conforme di animali da affezione e da reddito – che possono configurare le fattispecie di maltrattamento, abbandono e sfruttamento previste dalla legislazione penale e dalla normativa nazionale e locale – su cui le Associazioni ma anche il volontariato non associato sono continuamente sollecitati ad intervenire da cittadini residenti in ogni parte della provincia. Ed è evidente che, oltre ai comuni, sono proprio i veterinari pubblici che debbono assicurare in maniera costante ed efficace l’azione di controllo e salvaguardia del diritto alla salute degli animali, a cui una società civile non può rinunciare.
“E’ da tempo che stavamo raccogliendo dati e informazioni che motivassero le richieste all’Ulss Dolomiti – dicono le Associazioni – ma il caso di Daisy ha accelerato questo percorso ed è diventata quindi urgente l’esigenza, sentita da migliaia di cittadini bellunesi, di ricevere dall’Ulss risposte su temi che riguardano il benessere degli animali non umani di questa provincia.”