L’integrità genetica del lupo italiano è sempre più minacciata dall’ibridazione con il cane domestico. È quanto dimostrato in un recente studio condotto dalla Sapienza Università di Roma in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano e l’Ispra. La ricerca stima una prevalenza di ibridazione del 70% nella popolazione di lupo che vive nel Parco Nazionale dell’Appennino tosco emiliano e nelle zone circostanti dell’Appennino settentrionale, un’area centrale e strategica della distribuzione del lupo nell’Appennino.
In quest’area, i primi individui morfologicamente devianti rispetto allo standard morfologico del lupo erano già stati osservati dalla fine degli anni ’90, ma i primissimi casi di ibridazione risalgono addirittura agli anni ’70 e ’80. Il fenomeno, dunque, esiste da molto tempo, anche perché dal punto di vista biologico, il cane e il lupo sono la stessa specie e in determinate circostanze possono accoppiarsi e generare ibridi fertili. Eppure, nonostante l’ibridazione con il lupo sia occasionalmente avvenuta fin dall’origine stessa della domesticazione del cane, oggi il timore è che il fenomeno sia in forte aumento a causa dell’espansione del lupo in aree maggiormente antropizzate, dove il rapporto numerico risulta ampiamente a favore della popolazione canina.
Ma come si distingue un ibrido? Ad oggi – secondo il Wolf Apennine Center del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano che è impegnato in attività gestionali del problema ibridazione -le caratteristiche fenotipiche il cui significato come segnale di ibridazione è stato validato da riprove di carattere genetiche sono solo tre: colorazione e melanica, speroni sulle zampe posteriori e unghie depigmentate. Oltre a queste ne esistono, comunque, altre: la depigmentazione totale o parziale del tartufo, di cuscinetti plantari e delle gengive; la minore consistenza delle vibrisse nasali; la coda con pelo eccessivamente lungo o portata in posizione arcuata o a bandiera; la mascherina facciale assente, o di confini cromatici più contrastati, netti e definiti; l’assenza di labiale e sottogola color crema e, infine, le macchie oculari assenti o particolarmente marcate.
Quali sono gli strumenti per contenere e ridurre l’ibridazione? Sostanzialmente sono due: la captivazione definitiva in strutture autorizzate oppure la sterilizzazione, meglio se nella forma atta a non alterare i normali equilibri ormonali degli esemplari. Quest’ultima soluzione è praticata solo dal Progetto Life M.I.R.C.O. -lupo, che garantisce così il ritorno a vita libera degli animali, i quali continuano ad occupare il proprio posto all’interno del branco e a seguire i normali ritmi biologici, ma non pruducono prole.
E’ fondamentale che le istituzioni non ignorino il fenomeno (peraltro ancora raro) anche nelle Alpi e Prealpi, ben sapendo che è necessario contrastare bracconaggio, randagismo e vagantismo per evitare (o almeno ridurre fortemente) la formazione di ibridi in natura. E’ anche essenziale che chi ha a cuore la biodiversità sia informato di quanto l’ibridazione possa mettere a rischio, in un periodo davvero breve, l’integrità genomica del lupo: e a queste persone sarà chiesto non tanto di segnalare i sospetti ibridi (perchè probabilmente si tratta ancora semplicemente di cani) ma piuttosto di ostacolare il fenomeno dei cani lasciati vagare liberamente sul territorio denunciando ogni episodio alle autorità di polizia.