Giovedi 30 marzo, il giudice Paolo Velo ha sospeso il processo nei confronti di Michael Ragazzo (31 anni), accusato di aver ucciso un cane per soffocamento insieme all’amico Daniele Porta (48 anni), per il quale c’è stato un rinvio dell’udienza al 5 ottobre. Michael Ragazzo è stato, infatti, ammesso alla messa alla prova per un periodo di 8 mesi presso il comune di Belluno, mentre a ciascuna delle associazioni animaliste che si erano costituite parte civile è stata riconosciuta una cifra simbolica di 50 euro.
I fatti risalgono a venerdi 19 aprile 2019: Kaos – così si chiamava il giovane pitbull – muore per strangolamento ad opera di alcune persone che nel parcheggio del Super W di Agordo bloccano a terra il cane e, usando il guinzaglio, lo uccidono. Il fatto avviene dopo una lite tra gruppi di ragazzi, nel corso della quale Kaos, evidentemente sopraffatto dalla situazione e dalle grida, morde il suo proprietario: ma al momento del soffocamento la situazione di pericolo era cessata e il cane non dava più alcun problema, per cui è verosimile che l’uccisione, particolarmente brutale, sia avvenuta solo per crudeltà.
Fin dai primi giorni dopo l’accaduto, Apaca ha monitorato le indagini grazie all’assistenza legale dell’avv. Marinella Pasin, che ha prestato gratuitamente la propria opera professionale in tutte le fasi del procedimento. L’ammissione da parte del giudice della nostra costituzione di parte civile è stata l’unico motivo di soddisfazione in questo processo, dato che, in questo modo, il giudice ha riconosciuto che la condotta illecita di Ragazzo (e probabilmente di Porta, che la perizia psichiatrica ha giudicato capace di intendere e volere la sera di venerdi 19 aprile 2019) ha inciso non solo sull’essere vivente (il cane) tutelato in via diretta dalla norma penale, ma anche sul patrimonio etico e morale di cui Apaca è portatrice nella difesa e tutela degli animali.
E’, però, la conclusione probabile del procedimento penale a non soddisfare pienamente l’esigenza di giustizia che ha animato il nostro intervento nel processo. Il giudice, infatti, ha ritenuto di ammettere l’imputato alla misura della messa alla prova, concedibile per reati puniti con la reclusione fino a sei anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria e per non più di una sola volta. Come si legge sul sito del Ministero della Giustizia, con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento che prevede come attività obbligatoria e gratuita, l’esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività, che, nel caso di specie, sarà svolto presso il Comune di Belluno. Nel febbraio del 2024 – data fissata per la nuova udienza – il giudice valuterà l’esito della messa alla prova e, se sarà soddisfacente, dichiarerà l’estinzione del reato e la relativa conclusione del processo, senza emettere alcuna sentenza di condanna.
In realtà, non si tratta di “atto dovuto”, perchè la discrezionalità del giudice è ampia sia nella fase di ammissione, sia in quella dello svolgimento e della valutazione finale della messa alla prova. Proprio per questo, l’esigenza di giustizia che ci sentiamo di manifestare pubblicamente – e che non ha nulla a che vedere con il giustizialismo – ci impone di auspicare non solo che il programma di trattamento sia puntualmente rispettato, ma che il lavoro di pubblica utilità presso il comune di Belluno dimostri davvero di essere utile alla riabilitazione di una persona imputata di aver volontariamente provocato la rottura della trachea e la conseguente morte di un essere vivente che – esattamente come l’animale umano – era portatore del diritto alla vita.
N.B. I nomi degli imputati non sono oscurati perché resi pubblici dalla stampa locale