Alcuni mesi fa si è parlato del variegato mondo degli sport cinofili, ponendo l’accento soprattutto sull’agonismo e sulla preparazione psicofisica dei cani. Esistono però anche attività che poco hanno a che vedere con le gare e il confronto atletico, orientate a un’esperienza cognitiva e di movimento maggiormente racchiuse nello spazio privato fra l’animale e il suo proprietario.
Una di queste è certamente la mobility dog, disciplina non competitiva nata in Svizzera negli anni ’90, che prevede di affrontare una serie di ostacoli che mettono alla prova le capacità motorie e cognitive del cane e la relazione fra quest’ultimo e il suo conduttore. Come molte altre attività, anche la mobility dog mira a sviluppare le abilità mentali e a sostenere il processo educativo attraverso il movimento del corpo e le sue percezioni, impegnati nella soluzione di diversi “problemi”. La differenza fra la mobility dog e gli incontri sportivi, però, è appunto la mancanza di spirito agonistico nel raggiungimento degli scopi prefissati: il gioco della mobility dog si svolge essenzialmente fra il cane e il suo conduttore oppure pubblicamente in raduni e manifestazioni che non prevedono sfide.
La mobility dog è giunta in Italia nel 2004, grazie all’istruttore cinofilo Luca Spennacchio che, come racconta lui stesso nel suo blog, ha rivisto in chiave cognitiva e zooantropologica la disciplina. Spennacchio, infatti, ritiene che questa attività possa dare buoni frutti nel miglioramento del rapporto uomo- cane, con i cuccioli in fase di crescita e di esplorazione del mondo circostante e anche con tutti i cani finiti a vivere in un rifugio o in un canile. Questo aspetto è tra i più interessanti per chi opera a stretto contatto con i cani traumatizzati e spesso “difficili” dei rifugi e dei canili, in quanto la mobility dog può diventare un ulteriore e prezioso aiuto nel miglioramento psichico e fisico degli ospiti, aumentando la disposizione alla socialità e alla cooperazione e insieme anche le possibilità di trovare una famiglia. In questo senso, la mobility dog diventa uno strumento educativo, in grado di rafforzare diverse inclinazioni e attitudini di un cane e, se svolto con regolarità e pazienza, di dare risultati positivi anche in quei cani impauriti, aggressivi, anziani e demotivati che spesso si vedono dietro le sbarre di un box. Sono molte le risorse che la mobility dog può aiutare a riaccendere anche in loro: destrezza, capacità di comunicazione, autocontrollo, equilibrio, concentrazione, autopercezione… senza dimenticare che il traguardo cui nessuna disciplina riabilitativa può mai davvero rinunciare è restituire ai cani dei rifugi la fiducia spezzata negli esseri umani.
Ecco perchè in primavera Apaca intende installare un percorso di mobility dog in una delle aree di sgambamento del rifugio: chi volesse può contribuire all’acquisto delle attrezzature donando anche una piccola somma.