Ci sono cani che vengono da lontano, che compiono dei lunghi viaggi per raggiungere il luogo dove vivranno. Quasi sempre nei loro occhi brilla la voglia di vivere e difficilmente sono cani tristi: magari sono timorosi e diffidenti, ma di rado respingono la vita.
Forse perchè chi non ha nulla apprezza anche il poco.
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“Venuto da lontano”
Sono Fulvio. Mi hanno chiamato così per via del pelo rossiccio. Sono stato abbandonato quand’ero piccolissimo: mi hanno legato all’esterno di un supermercato ed ho trascorso i primi anni della mia vita in un canile in provincia di Matera.
Un giorno mi dissero che avrei fatto un lungo viaggio per raggiungere la mia nuova nuova mamma umana. Lasciai con molta tristezza – ma anche con la speranza di una vita migliore – i miei amici del canile ed i volontari che si erano presi cura di me per ben due anni. Mi fecero entrare in un trasportino e poi mi caricarono su un furgone.
Il viaggio si svolse di notte e fu lungo e faticoso. Durante il percorso, i miei compagni di viaggio furono fatti scendere uno alla volta e consegnati alle mamme adottive che ci aspettavano lungo la strada o negli autogrill.Dormii poco per l’emozione e anche per la presenza di una cucciolata rumorosa che passò tutta la notte a giocare.
Finalmente verso l’alba arrivai a destinazione: di tutti i passeggeri eravamo rimasti solo i cuccioli ed io. Era una piccola città del Nord Italia e a prendermi era arrivata la mia nuova mamma: ci guardanno, ci studiammo a vicenda con curiosità e, alla fine, lei mi sorrise e mi rivolse parole dolci. Speravo di piacerle ma ora ne ero certo.
Arrivai in una casa grande, con un bel giardino e, in quel primo giorno, tutti fecero a gara per conquistare la mia attenzione, allungandomi gustosi biscottini. Il giorno dopo mi ero già ambientato ed iniziai a correre velocissimo per il giardino, godendomi la nuova libertà, tanto che alcuni amici della mia nuova mamma umana dissero, scherzando, che, vista la mia agilità nel correre e nel saltare gli ostacoli, ero sicuramente frutto di un incrocio con un capriolo. Del resto questa è una mia caratteristica ed è anche la ragione per cui la mia mamma, a volte, mi chiama Gian Burrasca, un famoso personaggio inventato da uno scrittore che usava lo psedononimo di Vamba, ma che in realtà si chiamava Luigi Bertelli. E proprio come Gian Burrasca ero indisciplinato ed irrequieto.
Ero e sono considerato, però, anche un bel cane, ho due occhi davvero espressivi, ho un buon carattere, sono molto affettuoso e la vivacità che dimostro nasce dal fatto che mi sento ancora un cucciolo!
Poichè mi considero un cane speciale, ho scoperto che per uscire di casa non serve usare la porta, ma basta fare il salto dalle finestre, considerato che, per fortuna, la casa è al piano terra.
Ho fatto subito amicizia con Full e Samba, due femmine di border collie, e con Matilde e Fiocco, i due gatti di casa.
Essendo molto vivace, anche i giochi con Samba, che è la più giovane delle due cagnette, sono spesso irruenti: soprattutto, le tiro le orecchie e le mordicchio le zampe e la coda. Lei sopporta per un po’, ma poi giustamente si ribella e digrigna i denti: non abbiamo mai litigato davvero e, nonostante qualche piccolo screzio, restiamo buoni amici.
Con Matilde ho un rapporto particolare. Siamo come il gatto e la volpe immaginati da Collodi: Matilde butta a terra tutto ciò che trova sui tavoli e sui mobili di casa ed io ne approfitto per distruggerli. E quando le cose non le distruggo le trasferisco in giardino: faccio così, ad esempio, con le scarpe che nascondo nei luoghi più remoti, costringendo la mia mamma umana a recuperarle ogni qualvolta ne ha bisogno, sia col sole che con la pioggia.
Il giardino mi piace molto e mi considero un provetto giardiniere: infatti, preparo tante busche per le piante della mia mamma e do la caccia agli insetti e alle lucertole, che ormai sono quasi tutte senza coda.
Sono felice quando la mia mamma mi porta a passeggio fuori dal giardino di casa: ho scoperto un mondo pieno di strani odori, dove si fanno incontri interessanti.
Sono affamato di coccole: il momento più bello è alla sera, quando, esausto, appoggio al testa sulle ginocchia della mia mamma umana e lei mi accarezza a lungo e dolcemente.
Putroppo, come accade a molti altri cani, ho paura dei temporali e quando li sento arrivare perdo la testa: la mia mamma, allora, mi porta nella sua camera da letto e lì, magicamente, mi passano tutte le paure e mi addormento sereno accanto a lei.
Un giorno, mi è venuta un’idea davvero brillante: durante un temporale molto violento, sono andato a nascondermi dietro al grande armadio della camera da letto. Il risultato è stato che, passato il temporale, non riuscivo più ad andare né avanti, né indietro. La mia mamma era disperata e stava ormai per svuotare l’armadio nell’intento di spostarlo, quando le è venuta l’idea di provare con un espediente alternativo: è andata in cucina, ha aperto il frigorifero e ha preso un gustoso wurstel; è venuta da me e me lo ha fatto annusare dallo spiraglio che separava l’armadio dal muro. L’effetto è stato a dir poco prodigioso: sono indietreggiato verso la fonte di quell’odore buonissimo e mi sono ritrovato libero!
Non è stata certo solo questa la mia unica avventura. In una mattina delle feste di Natale è entrato in giardino un animale strano: era di colore grigio, con una lunga coda senza pelo, gli mancava un orecchio e aveva un atteggiamento piuttosto aggressivo. Chiaramente volevo affrontarlo, ma la mia mamma umana, nell’intento di proteggermi, si è messa tra me e l’inquietante animale, col risultato, però, di essere morsa.
Mi ritengo un cane assolutamente moderno, perchè amo molto la tecnologia e, in particolare, i telecomandi, i cellulari e i cordless, che mastico e distruggo con una certa facilità.
In casa ci sono, però, anche molti libri e tra i tanti ho scelto di sfogliarne -mangiucchiandolo – uno di Salgari: si intitolava “I pirati della Malesia” e mi è servito da ispirazione quel giorno che dal tavolo della cucina ho preso tra i denti un grosso coltello e mi sono indirizzato, tutto fiero, verso la mia mamma. Quando l’ho vista sbiancare in volto ho capito di aver fatto una cosa pericolosa: mi sono lasciato sfilare il coltello dalla bocca senza ribellarmi, ma non nascondendo la mia delusione.
Sta di fatto che la mia vita scorre felice e, malgrado non passi giorno che non combini qualche marachella, intorno a me vedo solo tanto amore, esattamente quell’amore che speravo di incontrare quando sono partito quella notte di due anni fa da uno sperduto canile del Sud in cerca di una mamma umana.
Tutti, uomini e animali, abbiamo un Sud e tutti abbiamo anche un Nord: e io credo che non ce lo dovremmo mai dimenticare.
Nerea Fiamin