A fine maggio a Belluno, prima nella centralissima piazza dei Martiri e successivamente a Nogarè. Tre giorni fa a Sant’Antonio Tortal in comune di Trichiana. E poi una denuncia presentata per un episodio avvenuto in Nevegal, il colle del capoluogo.
Stiamo parlando di avvelenamenti. Tre giorni fa, mentre percorreva insieme alla sua famiglia il percorso naturalistico di Brent de l’art, Black ha raccolto qualcosa da terra e poco dopo ha cominciato a stare male. Vani i tentativi di salvarlo: il labrador nero di 2 anni è morto poco dopo a causa di un’esca avvelenata.
Stessa sorte è toccata quindici giorni fa a un cane nella zona della rotonda di Nogarè a Belluno, mentre solo per una fortunata coincidenza nessun animale è rimasto vittima delle esche topicide sparse in quantità nella centralissima piazza dei Martiri.
Tutti episodi in cui l’anonimato sta coprendo la vigliaccheria dell’autore. In un caso, invece, la denuncia è arrivata: è quella che è stata presentata contro un presunto avvelenatore che è stato filmato dalle telecamere di un’abitazione mentre tentava di dare un boccone al cane lasciato in giardino: un episodio che ci è stato riferito solo qualche giorno fa e che dimostra come gli avvelenamenti non siano affatto eventi casuali, ma piuttosto pratiche criminali molto più frequenti di quanto i bellunesi vogliano ammettere. Diverse le cause: si va dai dissidi tra vicini al disturbo arrecato da cani e gatti lasciati liberi di girovagare in paese, fino alla concorrenza tra cacciatori, all’eliminazione di fauna selvatica e alla patologia psichiatrica.
L’unica prevenzione efficace sarebbe di educare il cane o il gatto a mangiare solo il cibo offerto dal proprietario: ma serve anche fare attenzione quando si nota che il cane annusa insistentemente in un punto preciso del sentiero o della strada che stiamo percorrendo, o evitare di lasciare il cani incustodito in giardino, soprattutto se si abita in zone dove episodi di avvelenamento sono già avvenuti.
Ma non ci si deve limitare alla prevenzione. Infatti, non va mai dimenticato che, oltre al pericolo dal punto di vista sanitario ed ecologico, lo spargimento intenzionale di esche e bocconi avvelenati è un reato penalmente perseguibile. Ogni avvelenamento (ma anche la semplice minaccia) va, quindi, denunciato (anche se ne è ignoto l’autore) e va preteso che a farlo sia anche il veterinario al quale ci siamo rivolti, il quale deve allertare immediatamente il sindaco (perché provveda a mettere in sicurezza e a risanare l’area) ed inviare le spoglie e le eventuali esche al Laboratorio contaminanti e biomonitoraggio dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie per le analisi anatomopatologiche e chimico-tossicologiche.
Di grande aiuto sarebbe, comunque, una mappa degli avvisi e dei ritrovamenti di esche e bocconi avvelenati. A Rovereto, ad esempio, esiste, ma nel bellunese chi potrebbe realizzarla? I comuni sicuramente, ma magari anche la provincia con il suo corpo di polizia.