I permessi retribuiti spettano al dipendente pubblico come a quello privato per gravi motivi familiari o personali. Di solito, i contratti collettivi prendono in considerazione ipotesi come la morte del coniuge, l’assistenza a un parente disabile, il matrimonio, l’allattamento o un esame universitario da sostenere. Da un paio d’anni, però, diventa grave motivo familiare anche la necessità di sottoporre il proprio cane a un intervento chirurgico urgente e di doverlo assistere: non si tratta di una legge o di una sentenza, ma di un precedente amministrativo che ha interessato una dipendente dell’Università La Sapienza di Roma, assistita da LAV.
La concessione del permesso retribuito non avviene a semplice richiesta, ma è subordinata a precise condizioni: innanzitutto, bisogna vivere da soli e non avere la possibilità di delegare l’assistenza a terze persone, nè avere alternative quanto a trasporto o cura; e poi, deve esserci la necessità indifferibile di dover curare il cane o di sottoporlo a visita, fermo restando, ovviamente, che la malattia del cane dovrà essere attestata da un certificato del veterinario.
Alla base della concessione c’è un principio più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, ossia che la non cura di un animale di proprietà integra i reati di maltrattamento e di abbandono di animale: ecco perchè trovarsi nella necessità di dover assistere il proprio cane malato (alle condizioni ricordate) diventa un “grave motivo personale” ma anche “familiare”, perchè di quella famiglia il cane fa indubitabilmente parte.