Scotty è un piccolo ospite del rifugio dal pelo ispido e gli occhi profondi. È arrivato in Apaca nel novembre del 2019, catturato dai Servizi veterinari dell’Azienda sanitaria a quasi un anno dalla sua nascita. Proviene da una detenzione davvero molto problematica insieme a una persona che ha vissuto ai margini della società fino alla sua tragica morte in una baracca sul greto del Piave.
Non è un tipino che si fida molto, Scotty. Ha molte paure, degli sconosciuti, dei rumori, della pettorina… alza le orecchie, guarda e annusa, soprattutto se gli si porge una qualche delizia, ma l’apprensione che scaturisce dall’immobilità del corpo e dalle sbirciate sgomente gli impedisce di fare quella zampata in più verso chi gli è accanto. Va meglio se ha modo di conoscerti, di vederti spesso e di capire che un pochino può buttarsi.
In due anni ha fatto parecchi progressi: Scotty lo dimostra per esempio quando, timoroso di uscire e incontrare cose e soprattutto persone nuove, si accuccia vicino al volontario con il quale ha un po’ di confidenza, in cerca di protezione. La passeggiata ancora lo stressa – la pettorina, sforzandosi un po’, se la lascia mettere – e questo cercare un contatto, seppure gli costi fatica, mostra che la sua fiducia nell’uomo non è stata minata del tutto. I miglioramenti si notano anche dalle sue occhiate, interrogative e un po’ paurose, ma curiose di saperne di più, oppure quando, racimolando tutto il coraggio, Scotty trotterella verso la mano che gli offre un biscotto o una crocchetta. Di quelle è proprio goloso e sono uno dei mezzi che permettono a noi volontari di costruire un ponte, lastricato di bocconcini è vero, ma pur sempre un lieve legame che potrebbe infrangere il muro di diffidenza che Scotty ha innalzato verso gli umani. Un muro che però non è così incrollabile: fino a oggi è rimasto in rifugio solo perché il suo timido sguardo un po’ sfuggente non ha ancora incrociato la persona giusta per lui. Noi siamo fiduciosi che accadrà presto o tardi, perché Scotty, sotto quel mantello bianco a macchie, ruvido che sembra proprio una corazza, sa essere un cagnetto affettuoso e amichevole. Lo sta imparando, lentamente e a modo suo: ma anche questo è parte del rispetto che usiamo verso i nostri ospiti.