Per un cane conta fortemente il gruppo di cui fa parte e con il quale convive: si affeziona ad ogni umano membro della famiglia, ma su tutti una persona spicca pressochè sempre, ed è quella a cui rivolge maggiore attenzione, dedizione, contatto. Come mai? E in che modo avviene questa specie di incanto fra un cane e un uomo?
In realtà questo rapporto così prodigioso ha un’origine molto concreta, il cane si lega alla persona che riesce a soddisfare nel modo più efficace i suoi bisogni primari. Non è un caso per esempio che una relazione molto forte si crei con colui il quale nutre l’animale: non dimentichiamo infatti che l’addomesticamento degli antichi cani si è originato proprio dal fatto che essi hanno iniziato ad accettare il cibo dagli umani. Studi come quelli condotti da Joël Dehasse, veterinario comportamentista belga, affermano che nella sua scelta il cane si basa su una modalità innata di attaccamento che gli permette la sopravvivenza. Il cane è un essere sociale e sembra riuscire a capire, grazie all’istinto e alla capacità di osservazione, quale umano, dopo la fase in cui normalmente si affida alle cure della madre, può venire incontro a tutte le sue necessità vitali.
Non solo, il cane si avvicina anche alla persona che sa essere ferma con lui, che gli fornisce regole di condotta, obiettivi da raggiungere e che sappia instaurare un rapporto basato sulla fiducia, sulla capacità di collaborazione e non sulla paura o la sottomissione.
Inoltre, un cane svolge il compito che gli viene affidato o ubbidisce a un comando perché capisce che, nella relazione con il suo umano, è conveniente assumere un atteggiamento di pacifica convivenza: è un punto di vista davvero interessante dell’addestratrice e formatrice Renata Rossi che sostiene che il cane è un animale tendenzialmente “pacifista”, nel senso che pare essere consapevole che la conservazione di una specie sociale come la sua si fondi anche sul saper evitare scontri e conflitti, favorendo una coesistenza orientata per lo più verso la pace. Davvero una bella prospettiva da cui guardare ai fedeli, e non violenti, amici dell’uomo.
Prospettiva che potremmo corroborare con lo studio condotto dal neuroscienziato statunitense Gregory Berns, studio che dimostrerebbe che i cani provano verso gli umani un reale sentimento di affetto. Come dire, un cane non stringe amicizia con un umano solo per interesse e per gli effettivi vantaggi che giovano alla sua esistenza, ma gli vuole davvero bene e ciò è stato riscontrato da Berns attraverso la risonanza magnetica, applicata con rispetto e pazienza a un campione di circa novanta cani. Il risultato della ricerca parla chiaro: la corteccia prefrontale del cervello canino, adibita al controllo delle emozioni e della capacità affettiva, si è attivata nel momento in cui i proprietari coccolavano, lodavano e parlavano dolcemente al proprio cane, così come di fronte a un boccone prelibato. Le situazioni piacevoli insomma infondono gioia ai cani proprio come accade agli umani, e oggi possiamo affermarlo anche con l’aiuto della scienza. Un cane si sceglie un “capo” e instaura con lui un legame che forse sarà impossibile analizzare in modo rigoroso in ogni suo aspetto, ma che sensibilità, conoscenza ed esperienza riescono a farcelo percepire come una connessione speciale e quasi magica fra due specie diverse ma così intensamente unite fra loro.