Il 10 luglio, Regione e Coldiretti hanno sottoscritto un accordo per rendere certi e più veloci (massimo 3 mesi di attesa) i rimborsi per i danni causati agli allevatori dalla fauna selvatica. E, ovviamente, difficile per i protagonisti lasciarsi sfuggire l’occasione per rilanciare i soliti allarmi ispirati alla “strategia della paura”, quella che va tanto di moda e che propone emergenze spesso inesistenti, proprio come quella legata alla presenza del lupo nelle alpi e prealpi venete.
Ha cominciato l’assessore regionale all’Agricoltura Giuseppe Pan (Lega) che ha dichiarato alla stampa: “La situazione è grave, andrò a parlare con il ministro all’Ambiente Sergio Costa (…) convinceremo il ministro che si deve anche consentire di abbattere un lupo”. Fortunatamente il Ministro Costa, che è un generale dei carabinieri forestali ed è persona competente, la pensa molto diversamente e non si lascerà convincere da un assessore veneto che sostiene che l’uccisione del lupo sia “un percorso che deve essere fatto a livello anche culturale, non solo tecnico”.
Ma è stato Augusto Guerriero il più feroce nei confronti del lupo e di chi protegge questo splendido animale e con esso la biodiversità, perchè, ha dichiarato il presidente di Lattebusche al Corriere delle Alpi “adesso abbiamo tutti paura – davvero tanta paura – di portare il bestiame al pascolo. Di giorno ma soprattutto di notte viviamo catturati dall’ansia.” Ed ha aggiunto: “mi fanno ridere i risultati dei monitoraggi che di volta in volta vengono annunciati. Di lupi ce ne sono il doppio, se non il triplo. E non è vero che non sono animali pericolosi, come si sostiene. Come lo possono essere i cani, seppur addomesticati.” La sua ricetta è una e una soltanto: «Sentiamo dire, ormai da tempo: prima gli italiani. No, dobbiamo dire: prima gli allevatori»: naturalmente, prima dei lupi, prima dei cani, prima della biodiversità, prima della prevenzione, prima della convivenza che “porta via troppo tempo” ad allevatori abituati finora ad abbandonare il bestiame in quota senza sorveglianza per poi riprenderlo a fine stagione.
Una ricetta che ha davvero poco a che vedere con la “grande attenzione per la qualità della vita e il rispetto dell’ambiente” di cui si legge sul sito di Lattebusche, un’azienda che ha conquistato il premio Radical Green alla prima edizione, che l’anno scorso è stata Veneto Award per responsabilità sociale e che si vanta di aver sempre cercato di vivere in armonia con l’ambiente.
Da un’azienda così c’era da aspettarsi l’adesione a “Terre di lupi”, il marchio lanciato da Life Wolfalps per promuovere i prodotti dei territori in cui il lupo è presente: e invece Lattebusche ha scelto la “paura” e i fucili!